STORIE D’ARTE E DI CRITICA tra Ottocento e Novecento
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Questa raccolta di scritti sarebbe dovuta uscire con una prefazione di Andrea Emiliani. Seppure nati per occasioni diverse nel corso di un trentennio, vi intravedeva un comune filo conduttore: il ruolo svolto da storici e critici nel corso di due secoli, l’Ottocento e il Novecento, in vicende che hanno segnato la storia dell’arte. Erano, in particolare, alcune figure a lui ben familiari ad interessarlo: Corrado Ricci, Roberto Longhi, Francesco Arcangeli, Giovanni Testori. Mostre e cataloghi a loro dedicati rientravano, infatti, in un progetto complessivo realizzato nel corso di diversi anni con la partecipazione dello stesso Emiliani.
Sono poi inclusi in questa pubblicazione alcuni testi su brani di storia, a partire dalla stagione romantica fi no agli ultimi decenni del secolo scorso, mentre in altri si riconsiderano le fortune critiche, talora contrastate, di singoli protagonisti. Si ritrovano, pur in scritti che riguardano situazioni e contesti storici diversi, frequenti richiami a episodi e figure – Longhi e Arcangeli fra tutti – cui si è riservato particolare rilievo.
Vi appaiono anche interventi e testimonianze di artisti impegnati, in altre stagioni, in una pratica di scrittura esercitata con animosa applicazione. Fino a quando, mutati i tempi, non è prevalso il protagonismo della critica. Così, nelle ricostruzioni di brani di storia come di singole personalità – che, s’intende bene, non hanno la pretesa di essere esaustivi – il limite cronologico che si è voluto rispettare sporge sostanzialmente fi no ai tempi ultimi della critica ancora intesa nella sua storica identità. Che ormai è molto mutata in funzione dei ruoli richiesti entro sempre più dilatati scenari delle arti visive. Alcuni scritti di questo libro, poi – letture, per così dire, in chiave mitica – potranno anche apparire anomali, magari in sospetto di inattualità a fronte dei conclamati miti dei nostri
giorni. Posto che non possa valere ancor oggi l’interrogativo fi nale di Henry Focillon riportato da George Kubler: «Il passato non serve che a conoscere l’attualità. Ma l’attualità mi sfugge; cos’è dunque l’attualità?».