Disegno Italiano del Novecento

Fabio Benzi

Anno 2018
Formato 22 x 22
Pagine 104
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ISBN dfa9ed65b2f3

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[…] Si diceva come il disegno italiano si metta alla prova, già nei primi anni del Novecento,
con la Modernità: Cambellotti, Balla, Boccioni, Severini, Sironi nella loro impervia ricerca dell’avanguardia attraverso il divisionismo, sperimentano atmosfere notturne e immerse nell’ombra, forzando i segni in un espressionismo ante-litteram. Il Futurismo inventa un segno asciutto, dinamico, vibrante e aperto all’infinito,
declinando per la prima volta l’invisibile e l’incommensurabile. Le opere di Balla, Boccioni, ma anche di Dottori e Rosai, lo rappresentano pienamente, anche se non comprendono, in questa breve selezione, la versatile poliedricità dell’intero movimento avanguardista. La finezza incantevole e sicura come quella di Matisse, che permette a Modigliani di fare un disegno tridimensionale quasi senza staccare la matita, fu certo il segreto del suo successo in Francia: dalla Toscana aveva portato il fil di ferro dei contorni delle figure gotiche senesi, dando un incanto inedito alle semplificazioni formali parigine. In mostra ci sono tre capolavori straordinari, che illustrano sia il suo amato tema del ritratto che la corposità plastica delle sculture che gareggiava con l’essenzialità somma di Brancusi.
Nel Ritorno all’ordine del dopoguerra l’afflato dell’antico si mescola in flessioni infinite con l’asciuttezza del contemporaneo: lo stile cambia con evidenza, il tratto si fa più pacato e aulico, sensibile, e nel disegno – come nei quadri- emerge una volontà di scavo, di identificazione con la perizia esecutiva dei grandi disegnatori del passato.
Lo studio dell’antico impegna gli artisti in una risoluzione di stile fondato sulla maestria della tecnica, i soggetti affiorano da mitologie fantastiche, da quotidianità auliche e monumentali, collocate fuori del tempo in una ricerca di assoluto poetico.
Ma permane una ricerca di essenzialità e di primitivismo che esclude qualsiasi divagazione tecnica, ogni edonismo esecutivo. In questo contesto troviamo il segno “neogreco” di de Chirico, con una testa che è anche un capolavoro del “ritorno al mestiere”, che lo avvicina a Filippino Lippi e a Leonardo. Ma ancora le solide composizioni senza spigoli come in Casorati e in Morandi, i diafani volumi senza segno come in Donghi, i segni d’avanguardia violenta mascherati da classicismo come in Sironi e Carrà (magnifico il disegno metafisico del 1917), le astrazioni lineari come in Wildt, le elucubrazioni matematiche vertiginose come in Severini: di cui è in mostra un incunabolo del classicismo europeo, un disegno preparatorio per il ciclo di affreschi di Montegufoni eseguito per i Sitwell. […]

Gli anni Trenta, tra Scuola romana e scuola di via Cavour, diedero al disegno ancora nuovi indirizzi: dall’espressionismo vibrante e sognante, inquieto e sottilmente perverso di Scipione e Mafai, al segno che vuole diventare astratto di Cagli, Cavalli e Capogrossi: di questi ultimi vediamo gli esperimenti con la carta copiativa rovesciata, dove il disegno tracciato da uno stilo senza inchiostro imprimeva una traccia invisibile all’occhio, che si sarebbe rivelata sollevando la matrice, volendo sganciare da ogni personalizzazione espressiva l’idea del disegno: iperurania, mentale, quasi un disegno ad occhi chiusi surrealista, ma controllato dalla ragione.
Gli anni prossimi alla guerra fomentarono un espressionismo sempre più drammatico, segno dei tempi che corrono, come in Guttuso, di cui è in mostra un disegno arcaico e già fortissimo nel segno; o come in Pirandello, che come una Cassandra prevede con anticipo impressionante lo spaesamento e il disequilibrio di un mondo che cade verso la tragedia. E il dopoguerra rimane in qualche modo influenzato da quell’espressionismo: il barocchetto
di Fontana, il lirismo surreale di Savinio, il pathos di Afro e di Leoncillo, di Music, di Sanfilippo e di Licini. Tuttavia la ragione dominante e astratta rimane un elemento irrinunciabile per Capogrossi e Dorazio, che proseguono l’astratto linearismo dell’École de Rome.
Da qui si arriva agli anni sessanta e settanta di Schifano, fino agli ottanta e successivi di Cucchi, Paladino, Mondino, e alla fine secolo di Gallo: artisti che tra visioni e materia, saranno sostenuti sempre da quella qualità disegnativa innata, che deriva dauna tradizione secolare ininterrotta. […]