
Fausto Pirandello
Fabio Benzi
Francesco Leone
Flavia Matitti
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“L’inizio del percorso artistico di Fausto Pirandello va individuato in un apprendistato, sempre sottovalutato dalla critica, alla scuola di Sigismondo Lipinsky: pittore e soprattutto incisore dal segno nitido e acuminato, ultimo erede insieme all’amico Otto Greiner (cui guardarono anche Balla, Severini, Boccioni e Sironi prima del futurismo) di quella generazione di Deutsch Römer (“tedeschi romani”) che aveva avuto origine dal soggiorno romano di Böcklin e dal suo soggiorno italiano.
Pirandello ebbe dunque la sua prima educazione artistica nell’allenamento ad uno sguardo oggettivo e crudo, a un segno di realtà insistita e forzata, di lucidità quasi chirurgica nell’indagare gli aspetti anche scarni e brutali della figura umana, tipico di quella tendenza tedesca. In questa scelta forse atipica, comunque rara per l’Italia del tempo (più orientata verso l’ambiente francese o verso gli schematismi secessionisti), certamente ritroviamo un’indicazione del padre, il grande drammaturgo Luigi, nei confronti del giovane figlio: infatti, come è noto, egli ebbe una lunga e determinante fase di studio giovanile di stampo mitteleuropeo, laureandosi a Bonn, e l’indirizzo di Fausto fu certamente determinato dalle sue simpatie e preferenze culturali.
Subito dopo Pirandello segue la scuola di pittura di Felice Carena, uno dei grandi maestri del “ritorno all’ordine” italiano (segnatamente romano) dell’immediato dopoguerra. Egli aprì, nel marzo 1922, una scuola d’arte assieme allo scultore Attilio Selva, che seppe attrarre con entusiasmo i giovani pittori più promettenti, che di lì a poco avrebbero dato un contributo sostanziale al dibattito artistico: Fausto Pirandello ed Emanuele Cavalli vi si iscrissero nel 1922, Giuseppe Capogrossi nel 1923. Esplicitamente sollevati dall’imposizione di ricerche rigidamente accademiche, gli allievi vengono indotti da Carena a scoprire le loro attitudini, ad elaborare personali poetiche espressive. Dall’inquieta ricerca di Carena, artista molto amato dalle giovanissime leve di pittori romani al principio degli anni Venti, Pirandello assume un senso di plasticità cromatica solida ma non priva di complicazioni intellettuali.
Pirandello dipinge allora soggetti contadini e pastorali, arcaizzanti, sul modello del maestro, ma subito vi infonde una carnalità realistica e “sgradevole”, contorta e sofferta, che lo proietta ancora giovanissimo in una dimensione autonoma, quasi un inquietante precursore di Lucian Freud. […]”
Fabio Benzi
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