
Gino Marotta - Relazioni pericolose
Gino Marotta
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Il 6 ottobre – in occasione dell’VIII Giornata del Contemporaneo – la Galleria nazionale d’arte moderna ha presentato una mostra-percorso, un esercizio sul linguaggio che mette in relazione la collezione del museo con alcune opere, sia storiche sia recenti, di Gino Marotta. Si tratta di un itinerario che intende perlustrare i territori di confine tra moderno e contemporaneo: la mostra si articola per aree contigue, per empatia o contrasto. Dagli Environment del 1968 ricostruiti negli spazi del Museo, alle Veneri in metacrilato e materiali vari, fino alle Ninfee e alle Luci colorate più recenti. I lavori di Gino Marotta sono posti anche fisicamente in dialogo con le opere della Galleria. Il sottotitolo Relazioni pericolose evidenzia questo rapporto tra passato e presente, che è anche un ritorno dell’artista nel suo luogo di formazione.
“Questa non è una mostra, o meglio lo è in un altro senso, perché i lavori esposti si insinuano nelle sale del museo ma in modo che sia impossibile fraintenderne la presenza ‘aliena’. Il titolo scelto, Relazioni pericolose, non è solo una citazione: le sculture di Gino Marotta, sparse come sono nel museo, altererebbero completamente la percezione delle sale se non fossero così riconoscibili e trasparenti, immediatamente isolabili dal contesto e non occlusive delle opere permanentemente esposte. Poiché abbiamo dovuto anticipare l’allestimento per poterlo riprodurre nel catalogo, i visitatori hanno assistito alla comparsa di dromedari e fenicotteri, palme e ninfee, giungle e paradisi terrestri qualche settimana prima dell’inaugurazione ufficiale, così da permetterci di sondarne subito le reazioni. Ci attendevamo qualche polemica e invece la domanda più frequente è stata: ‘Chi è quel giovane artista?’.
Qualcuno, appena appreso che la maggior parte delle sculture aveva più di quarant’anni, ha commentato che sembravano invece concepite come antidoto all’odierna, cupa atmosfera di crisi. Un maestro ultrasettantenne è stato così vittima dell’anacronismo più raro, quello che scambia il passato per il presente; un anacronismo che si può anche definire il più felice, perché è quello che tocca ai classici […]”
Vittoria Marini Clarelli
Sprintendente Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea