Il mio corpo nel tempo

Adriana Polveroni

Patrizia Nuzzo

Anno 2017
Formato 23 x 27 cm
Pagine 120
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ISBN 978-88-99519-54-4

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Verona, GAM (Galleria d’Arte Moderna A. Forti)

Palazzo della Ragione

13 ottobre 2017 – 28 gennaio 2018

“Il fantasma dello specchio trascina fuori la mia carne, e contemporaneamente tutto l’invisibile dell’ io-corpo può investire gli altri corpi che vedo”: è in questo circuito aperto che va dal corpo vedente al corpo visibile, come affermerebbe Merleau Ponty, che si situa il tempo di Opalka, un luogo in cui l’io e l’ altro si confondono in uno scambio reciproco di senso tra chi vede è chi è visto, scambio che può combaciare, ma al contempo differire. Ma non è il tempo reversibile, quello della clessidra, non è Chronos a determinare il processo artistico di Opalka, bensì il tempo irreversibile, quello dell’esistenza: lo comprende proprio nel momento in cui realizza le sue prime opere dal titolo Chronome – tele composte da migliaia di punti di colore bianco che anticipano i Details.

è in un tempo reale, autentico, che s’imbatte Opalka; l’epifania – lo racconterà nei suoi meravigliosi scritti – gli arriva fin da fanciullo: è nella sua casa a Cracovia, i suoi genitori sono fuori in cerca di lavoro, è solo, non può far niente se non osservare le cose attorno a sé, all’improvviso si accorge con sgomento che il pendolo meccanico si arresta di colpo; per ore e ore si affligge sperando che quel complicato meccanismo possa ritornare a dare movimento allo scorrere del tempo, credendo che la vita del mondo intero potesse dipendere dal basculare di un bilanciere: ecco che il suo “captare” il tempo è il manifestarsi della sua stessa esistenza. La vita è diventata l’opera e l’opera la vita.

Patrizia Nuzzo – GAM (Galleria d’Arte Moderna A. Forti)

Sebbene il tema che lega tre artisti formalmente così diversi come Lüthi, Ontani e Opalka sia il tempo, occorre precisare che a loro non interessa mostrare il mero passare del tempo che, come ci hanno fatto vedere Giorgione e Tiziano, trasforma il giovane in vecchio. Nonostante questo piano, inevitabile laddove il corpo si fa “documento” visivo, abbia la sua attrattiva, non esaurisce tuttavia il senso del lavoro dei tre artisti che questa mostra intende proporre. È la capacità di fare attraverso l’arte un lavoro sul tempo che sfida il tempo stesso, che si eleva da esso, lo svincola dai suoi obblighi lineari, sebbene non ne nasconda il trascorrere, ad affrancarne il lavoro da quel piano meramente naturale che la testimonianza biologica suggerisce. E in questo continuo rimando tra un piano di manifesta naturalità, dove il tempo si racconta nel corpo dell’artista, e il piano simbolico della trasfigurazione artistica, risiede la forza e il fascino del lavoro di Lüthi, Ontani e Opalka.

Adriana Polveroni –  ArtVerona – Veronafiere

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