
Michele Zaza - Apparizione Cosmica
Michele Zaza
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“Una sequenza di dieci foto. Una donna anziana, la madre di Michele Zaza, in attesa, seduta di fianco ad una porta e ad un tavolo, dove su dell’ovatta bianca c’è una pistola.
Proprio dietro, appoggiata al muro, un’altra foto che racconta della vita quotidiana della stessa donna dal mattino fino alla sera. Nove foto all’interno di nove foto, tranne che nella decima, l’ultima, quella in cui la madre si è addormentata e il foglio dietro la pistola è vuoto, senza immagini. Lo spazio del sonno, della scomparsa o se volete quello della morte.
Dissidenza ignota, questo è il titolo delle dieci foto in bianco e nero. L’anno è il 1973. (foto 1) Istintivamente questa sequenza è diventata il mio personale punto di partenza nel lavoro di Michele Zaza, non solo perché ci sono molti degli elementi che compongono il repertorio delle immagini e della sfera immaginativa di Michele Zaza, ma soprattutto per un’empatia immediata che ho provato di fronte a queste dieci foto. Per meglio dire, c’è stata un’inevitabile corrispondenza tra queste immagini e la mia memoria, di certo a causa della presenza di elementi tipici di quel sud dell’Italia da cui provengo. Quel muro, quella porta, quel tavolo, la povertà dell’ambiente, la donna vestita di nero, il suo attendere paziente e silenzioso, e anche la pistola, la violenza che contiene e quella che impedisce. Forse sono tutte cose che valgono anche per la memoria di chi viene dalle Langhe, non saprei, ma in me hanno rimesso al centro del mio orizzonte visivo e immaginativo quello che non mi sembrava di aver trattenuto e di aver perduto nel continuo salire e scendere dai treni e dagli aerei. Interessante come le cose rimangano a dispetto degli anni e di quello che presumi di essere diventato, delle differenze che dai per scontato ci siano tra quello che sei e quello che eri. Invece ecco che torni in un attimo lì da dove vieni, accanto ad una donna che aspetta, che si addormenta ma non denuncia fatica, forte di quella forza che ti trovi a guardare un po’ sgomento non capendo da dove possa giungere e dove possa portare. È molto probabile che proprio nel 1973, o in quegli anni lì intorno, mi sia capitato di addormentarmi sulle gambe di mia nonna mentre insieme aspettavamo che uno dei suoi figli tornasse, con nel naso l’odore del tabacco che essiccava nei campi, e il tepore della fiamma sul viso […]”
Raffaele Gavarro