Piccola Russia. La collezione di arte russa e sovietica di Laura e Giuseppe Boffa
Massimo Boffa
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In questa collezione di arte russa e sovietica c’è molto del gusto, sobrio ed elegante, di Laura e Giuseppe Boffa. Ma soprattutto c’è la testimonianza di una intensa esperienza di vita, di una adesione culturale, politica e perfino sentimentale alle vicende della Russia post-rivoluzionaria, che così tanto ha contato nelle loro biografie. Del resto, ognuna di queste opere è stata acquisita non certo attraverso un mercato dell’arte, che all’epoca non esisteva, ma grazie a una immersione totale nella vita intellettuale moscovita e all’amicizia con gli artisti o i loro eredi. È questo tocco esistenziale che conferisce alla collezione la sua singolare fisionomia, legata com’è a una stagione a suo modo eroica della storia sovietica, quella dominata dalla figura di Nikita Chruščёv. Nelle passioni e nei conflitti di quell’epoca presero forma molte delle convinzioni che poi avrebbero guidato il loro rapporto con il mondo russo.
Mio padre e mia madre arrivarono a Mosca alla fine del 1953. Stalin era morto da pochi mesi e l’Unità, il giornale per cui Giuseppe lavorava dal 1945, aveva deciso di aprire un ufficio di corrispondenza dall’Unione Sovietica. Entrambi erano comunisti, venuti al Pci attraverso la Resistenza e la lotta partigiana. Ammiravano Stalin e vedevano nell’Urss, prima ancora che la “patria del socialismo”, il vincitore della guerra contro la Germania nazista. Con l’entusiasmo della giovinezza, si gettarono a capofitto in un mondo sconosciuto, cercando di capire e di spiegare ai lettori italiani la politica, la cultura, i costumi della Russia. Era un lavoro che li impegnava e li impegnerà insieme (Laura fu, per qualche tempo, collaboratrice di Noi Donne), in cui è inutile tentare di distinguere la sensibilità dell’una e dell’altro. Come scriverà Giuseppe nelle sue Memorie dal Comunismo (Ponte alle Grazie, 1998), “in tutto quello che ho fatto, detto, scritto, amato o detestato nella mia vita adulta, non saprei dove finisce la mia parte e dove comincia la sua. (…) Se vale per tutto, questo vale ancor più per il nostro rapporto con la Russia, esperienza che sin dall’inizio affrontammo insieme con comune spirito di avventura”.