
Ravenna e Bisanzio. L'eredità di Patrizia Dalla Valle
Enzo Dall’Ara
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Alla luce si volge lo sguardo quando l’intimo freme dell’invitto flusso del creare. All’alba del giorno tende la mano quando l’Oriente si tinge di aurei lucori. In tensione d’arte, Bisanzio avanza con la sua memoria e non s’arresta al confine d’Occidente, ma s’espande negli infiniti spazi di tempi perduti ed ora rammentati. È così che Patrizia Dalla Valle, mirabile artista del mosaico, offre mente e anima a Ravenna e alla sua antica arte, nel ricordo vespertino di quell’omphalós aurorale che da sempre evoca Bisanzio. Ai colori e agli ori di tessere immortali l’artista dona il ritmo dell’acuta indagine, per porgere alle soglie della nostra contemporaneità la bellezza sublime e vibrante dell’ascesa creativa.Nella realtà oscura e sconvolta dell’arte attuale, non è tempo d’attesa, ma spazio d’urgenza che illumini con verità e bene le paludi degli arresti culturali. Patrizia Dalla Valle sa che soltanto col recupero di solennità trascorse si può incedere sulle vie del nuovo, restaurando le vestigia sulle note del sentire.
Le basiliche parlano con la voce della pietra, col respiro della vita, e s’affacciano sulle acque del Bosforo o sui “chiari” adriatici con quei sonori silenzi che echeggiano rintocchi sui muri della storia. L’arte ha bisogno di una renovatio rivelata alle miopie di una modernità che arranca sulle sue stesse vie, in una proiezione di futuro che eclissa il presente e smarrisce il passato.C’è una geografia nell’arte, che intride di terra e di spirito ogni alveolo di pietra e di colonna, ogni anfratto di luce e di ombra; c’è una “geograficità” nell’arte, che si dilata agli sguardi degli astanti e che dialoga di teatri esistenziali.
Patrizia Dalla Valle, sulle orme della nativa pianura dell’Emilia e della Romagna, avverte le suadenti aure della sua terra avita e di quel mare che ad Oriente dispiega le sue onde. Ella è artista vibrante della somma cultura ravennate, nella quale s’inserisce con voce autonoma e fiera, per rivelare al mondo quel “filo rosso” ininterrotto che unisce e coniuga spazi e tempi dell’umana creatività. E, allora, è a Ravenna e a Bisanzio e al loro inscindibile binomio storico che Patrizia Dalla Valle rivolge sensibilità e studio, per una rinascita di bellezza e di poesia che sia luce d’arte.
In un tempo di buio cosmico, ove l’oscurità siderea s’inabissa nella mente e nell’animo di un’umanità che ha smarrito il suo germoglio divino e che brancola, quindi, nelle secche della storia, urge un positivo e fattivo cambiamento di intenti culturali ed artistici che giunga a coniugare forma e contenuto nella sostanza della verità. Torna alla memoria il sommo dettato classico che scorge nell’armonia e nella meditata proporzione il segreto svelato dell’intimo bene. L’opera d’arte, confessione e anima dell’artista, nasce sempre dalla fonte interiore, per porgersi allo sguardo stupefatto dell’autore e, quindi, a quello vibrante del mondo. Con intenso impegno ed operativa ricerca, Patrizia Dalla Valle legge il suo diario intimo, legato alla sua esistenza e alla sua terra, per un dialogo d’arte che risuoni di storia e di memoria negli orizzonti di un presente orfano di una riconosciuta identità. Il suo operare creativo non si attesta in un nostalgico ritorno ad età trascorse, ma, da solide fondamenta, si dipana in proiezione futura, affinché l’arte musiva si erga a comprimaria nel teatro della cultura visiva. E come, dunque, non volgersi a Ravenna e alle sue atmosfere? Come non proiettarsi alle sue absidi, ai suoi mausolei eterni e ai suoi battisteri? E come non pensare a Bisanzio, alle sue sonorità levantine e alle sue albe impresse nelle luci delle ecclesiae?
Così, lo spazio della vita, con le sue orme indelebili, s’espande alle regioni dello spirito, per accarezzare il sapore cromatico di una tessera musiva che rammenti l’emozione di uno sguardo. Se Bisanzio, l’aurea città che sarà di Costantino e di Giustiniano, si porge nella luce baluginante ma vivida dell’immaginario, Ravenna appare nella solida e rude esteriorità di iridescenti e tattili interni dell’“oltre”. E Patrizia Dalla Valle si pone al tempo e allo spazio del presente con l’azione aristotelica di un teatro che rinnovi la scena musiva ravennate nel fulgore di una poesia del creare, capace di illuminare i meandri oscuri di caverne interiori. Dalla storia e dalla geografia culturale dell’artista si ricompongono, quindi, gli antichi e preziosi legami di due città d’Oriente, capitali di popoli e di imperi, fari di sogni e di vissute verità.
Enzo Dall’Ara